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Fatturazione elettronica
Stefania Spoltore
13/09/2024

Integrazione fattura: gli usi più comuni



Nel panorama della fatturazione, esistono situazioni particolari in cui il semplice invio di una fattura non è sufficiente. Una di queste è l'emissione del documento di integrazione, uno strumento cruciale per garantire la correttezza e la conformità della documentazione fiscale, specialmente nel contesto degli scambi internazionali o delle operazioni interne con regimi particolari di IVA. 


Ma cosa si intende esattamente con "integrazione in fattura"? Quali sono i suoi usi più comuni? In questa guida esploreremo tutto ciò che devi sapere, dall'emissione alla normativa vigente nel 2024.



Che cos’è l'integrazione fattura e come funziona


L'integrazione è un atto fiscale che avviene per correggere, completare o adeguare una fattura originaria in caso di operazioni non imponibili, esenti, soggette a reverse charge o che rientrano in particolari regimi fiscali. La sua funzione è principalmente quella di integrare la parte di imposta non indicata nella fattura originaria o per adeguarsi a eventuali differenze normative. Questo strumento è fondamentale per evitare errori di calcolo e sanzioni, specialmente in ambito internazionale, dove le regole fiscali possono variare notevolmente da un Paese all'altro.


Nel contesto del reverse charge, ad esempio, il documento di integrazione consente al soggetto passivo (l'acquirente) di integrare una fattura emessa senza IVA, aggiungendo l'imposta dovuta secondo il regime fiscale italiano. Il processo è piuttosto semplice: si riceve una fattura senza IVA e si deve procedere a integrare la stessa con l'aliquota prevista, registrando l'operazione sia nel registro IVA delle vendite che in quello degli acquisti.


Quando utilizzarla?


Il documento di integrazione viene utilizzata in diverse situazioni specifiche, alcune delle quali derivano direttamente dalle normative europee sull'IVA. Una delle circostanze più comuni è il reverse charge, o inversione contabile. 


Questo meccanismo è applicato in transazioni tra soggetti passivi IVA quando il debitore d'imposta non è il venditore ma l'acquirente. Ad esempio, nelle operazioni di acquisto da fornitori intra-UE, la fattura di integrazione serve a riportare l'IVA che l'acquirente deve versare direttamente allo Stato.


Inoltre, l'integrazione è essenziale anche per le operazioni nazionali, quando si effettuano acquisti di beni o servizi da fornitori che operano sotto regimi di esenzione o non imponibilità, come nel caso di forniture da enti religiosi, ambasciate o in ambito agricolo. In questi casi, l'acquirente è responsabile di integrare la fattura con l'imposta e registrarla correttamente nei propri registri IVA.


Un altro caso frequente è rappresentato dalle rettifiche di fatture emesse con errori, che possono riguardare sia gli importi sia la natura dell'operazione. In questo contesto, la fattura di integrazione funge da strumento per correggere eventuali imprecisioni, garantendo la conformità alle leggi fiscali in vigore. 


Come si fa un’integrazione?


Emettere un'integrazione in fattura richiede alcuni passaggi precisi: in primo luogo è fondamentale ricevere la fattura originaria, la quale, in assenza di IVA, non può essere considerata completa ai fini fiscali. A questo punto, si deve procedere a integrare il documento con l'aliquota IVA applicabile, basandosi sul tipo di operazione e sulla normativa vigente. Ad esempio, se si tratta di un acquisto intra-UE, si applica l'aliquota standard italiana.


Una volta effettuata l'integrazione, è necessario registrare la fattura sia nel registro IVA degli acquisti sia in quello delle vendite. Questa doppia registrazione è doverosa per garantire la corretta contabilizzazione dell'IVA, evitando sanzioni o contestazioni da parte delle autorità fiscali. L'operazione di registrazione deve avvenire entro la scadenza prevista per la liquidazione periodica dell'IVA.


L'emissione del documento di integrazione non richiede una comunicazione preventiva all'Agenzia delle Entrate, ma è essenziale che venga conservata insieme alla fattura originaria e alla relativa documentazione contabile. L'Agenzia delle Entrate, in fase di controllo, potrebbe richiedere entrambi i documenti per verificare la correttezza dell'integrazione.


Quali sono gli errori da evitare?


Nonostante il processo di integrazione possa sembrare semplice, ci sono diversi errori comuni che è bene evitare. Uno degli errori più frequenti è l'omissione dell'integrazione stessa, soprattutto quando si trattano operazioni con fornitori esteri. La mancanza di integrazione può comportare sanzioni pesanti, in quanto si tratta di un adempimento obbligatorio previsto dalla normativa IVA.


Un altro errore riguarda la registrazione della fattura integrata: è importante ricordare che questa deve essere registrata sia nel registro IVA delle vendite che in quello degli acquisti, e non in un solo registro. Questo doppio passaggio garantisce una corretta contabilizzazione e permette di evitare contestazioni.


Un terzo errore molto comune è l'utilizzo di un'aliquota IVA errata. In caso di acquisti intracomunitari, ad esempio, l'aliquota da applicare è quella del Paese di destinazione, cioè quella italiana. Applicare un'aliquota errata può comportare errori nel calcolo dell'IVA dovuta e generare discrepanze nei registri contabili.